Il Potere | Trilogia di Inviolabilis Imago

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Castello Cavour - Ex scuderie - Santena (TO) | 4/2/2011 - 06/3/2011

Con un’analisi illuminante volta alla delucidazione dei meccanismi e delle perversioni della politica contemporanea, Giorgio Agamben traccia, nel suo libro Homo Sacer, il netto profilo di un concetto che rappresenta la chiave di volta di tutta la sua argomentazione. La declinazione politica di tale concetto è, tuttavia, solo l’esito sociale nel quale vengono dispiegate le varie forme di organizzazione, dalla tirannia alla sanzione democratica dei diritti dell’uomo e del cittadino, alla concentrazione razziale nei campi di sterminio (che pure è una forma amministrata e rigidamente organizzata di potere sulla vita). Il concetto è quello depositato nella storia filologica e sociale del termine sacer.

Già le analisi etnologiche dello strutturalismo avevano dimostrato che il socius, di cui il mito è figura allegorica, anticipazione e spiegazione di assetti attuali, si costituisce intorno a fondamentali elementi carichi di valori ambigui che vengono istituzionalizzati per la conservazione della comunità. Valori materializzati nel totem, il cui potere è venerabile e temibile ad un tempo. La teoria del rapporto ambivalente nei confronti del potere istituito risale a ricerche precedenti la psicanalisi, ma fu Freud che le ordinò in rapporto alla sua teoria dell’inconscio. In Totem e Tabù, tentando per la prima volta di applicare le scoperte psicanalitiche non all’individuo ma ad un’indagine sulla civiltà, lo scienziato formulò un’ipotesi sull’origine degli idoli. Secondo questa ricostruzione, l’orda primordiale si rivoltò contro l’autorità del padre che esercitava la sua prepotenza sulle donne del gruppo, scacciando i figli cresciuti. Il padre ancestrale era temuto e rispettato per la sua forza, ammirato ed odiato per la violenza che impediva il soddisfacimento delle pulsioni dei giovani del gruppo, fino alla reazione degli impulsi aggressivi e parricidi della famiglia primitiva. Verso il surrogato del padre, l’idolo-feticcio, che i fratelli si imposero per evitare il protrarsi della lotta all’interno del gruppo, venne rivolto l’antico sentimento ambivalente di timore e reverenza. In una nota, Freud dichiara “l’assurdità di una pretesa sulla veridicità storica della teoria, la cui imprecisione – specifica – è dovuta alla natura stessa dell’argomento”. Tuttavia, fascinazione e sgomento, venerazione e timore reverenziale, rimangono gli elementi che, mescolati in vario ordine, definiscono il sentimento, anche attuale, nei confronti di quanto è ritenuto sacro.

Per descrivere tale esperienza di una potenza maestosa che attrae e intimorisce, fonte di ogni atteggiamento religioso nell’uomo, Rudolf Otto, autore di uno studio fondamentale intitolato appunto Il Sacro, coniò il termine “numinoso”. In tale accezione, il potere è pertanto divino ed ha una forza condizionante estesa sullo stesso dominio del sacro. Potere e sacralità sono gli aspetti intimamente vicini e complementari di un’unica potenza che guida il nostro agire dall’esterno o viene interiorizzata nel comportamento del singolo, risultando vincolante per le sue azioni e deliberazioni.

Secondo Agamben, il potere sovrano si costituisce “sulla soglia in cui la violenza trapassa in diritto e il diritto in potenza”. E’ il conferimento di potere ad una qualsiasi entità che istituisce nello stesso momento un’area in cui vige il diritto. La forza coercitiva, condizionante o regolativa di ciò che ha potere deve trovarsi ad un tempo dentro e fuori del nomos, della legge. Dentro in quanto eccezione alla legge, poiché essa è sospesa nel momento stesso in cui, all’interno del suo dominio, vengono imposti valori assoluti, incontrovertibili ed inviolabili che limitano e disciplinano la libertà del diritto stesso. Ma l’imposizione deve attuarsi prima e fuori del diritto, nel caos, per fondare un ordine in cui l’atto di prevaricazione, antecedente alla legge e dunque anarchico, si fa vertice di una gerarchia di potere. In sintesi, mancando una regolamentazione nel caos naturale, l’istinto comunitario deve espellere il caos includendolo in quanto eccezione, atto autoritario di imposizione della regola. Una volta compiuta, l’azione violenta sorta nel caos resta imbrigliata in uno stato di eccezione rispetto all’ordinamento che essa stessa ha costituito. Nel paradosso della sovranità (anche della Legge) si conservano l’alterità assoluta della decisione arbitraria e l’ordine circoscritto a partire da questa. Il potere sacro si situa sulla soglia di indifferenza tra interno ed esterno, oscillando tra un’inclusione esclusiva ed un’esclusione inclusiva. Questo potere, istituito sulla soglia dell’inviolabilità che viola le leggi che crea, appartiene al concetto di sacer.

Il carattere precipuo del sacro sembra dunque essere l’ambivalenza, che in Agamben si manifesta come ubiquità distribuita fra interno ed esterno, tra disordine ed ordine, tra nuda vita e diritto legale su essa, mentre nella logica delle scienze psicologiche esprime il dualismo emotivo di venerabilità e terrore nei rapporti con il potere, trasferito dalle superstizioni tribali ai rituali della civiltà contemporanea. Se Aristotele definisce l’enigma come la congiunzione di opposti (individuando inconsapevolmente un’entità reale che contravviene al suo principio assiomatico di non contraddizione) questo è appunto il modo di mostrarsi del sacro, la sua fisionomia, il suo lato visibile, mentre resta inafferrabile nella sua essenza. Il sacro è una virtualità che si apre tra l’assoluta e sublime indifferenza della natura e la piena e sensata partecipazione emotiva dell’uomo.

L’oblio di un sentimento per il sacro coincide con la rovina di ogni valore che porta a conseguenze fatali. Ma tale stato di cose si è verificato solo in apparenza. In realtà, non solo permangono idolatrie materialiste verso il potere economico e l’ego, nonché un attaccamento al potere costituito da parte di chi lo detiene. Accade anche che il meccanismo del consumo faccia leva sulle proiezioni idolatriche dei singoli verso i surrogati del potere economico e dei miti mediatici. Non si esaurisce, in questo quadro, l’ascendente delle religioni. Si tratta di meccanismi indotti, alla stregua della retorica pubblicitaria, ma che debbono presupporre una naturale disposizione dell’uomo verso la sacralizzazione. Il sacro, che di per sé non può significare nulla di preciso a causa dei limiti del pensiero, è un segno vacante che si deposita sull’oggetto d’elezione, una stimmate lacerata da una doppia origine situata nell’intimità dell’uomo e nell’ineluttabile sfera che lo trascende; una macchia argentea e mobile che fluttua visibilmente sotto l’epidermide umana.

La sacralità del potere risiede nella sua capacità di fornire un senso unitario alla discontinuità dell’esistenza e nella facoltà di armonizzare, o tenere salda in un ordine superiore e solenne, la molteplicità. Persino il più piccolo evento impone il proprio senso e la propria verità non appena accade, non appena entra a far parte della scena reale delle cose, conferendo un significato nuovo – o confermandone uno precedente – alla totalità degli avvenimenti della storia, imprescindibilmente inserendosi in essa. Per quanto irrilevante sia la scala dell’evento, esso assurge al carisma del sacro: può lasciare attoniti conchiudendo in un dettaglio tutto il senso del cosmo, ovvero rivoluzionare spazi e gerarchie costituite. In questi casi, la “ragione” di quanto avviene deve trovarsi al di là delle nostre capacità mentali attuali.

Ci troviamo, pertanto, in uno stato diffuso di eccezioni. Sacralità e potere sono conferiti ad un’entità di qualunque natura per consegnare un senso ultimo ed irriducibile all’uomo grazie al quale colmare l’universo – soggettivo o cosmico – di significato, rifuggendo dal sentimento del nulla. Tale polimorfismo del potere significante può innescare una contesa fra integralismi di senso, come tra la potenza evenemenziale del meteorite e il vertice della gerarchia cattolica, il Papa abbattuto nell’opera La Nona Ora di Maurizio Cattelan, il dissacratore. Tuttavia, il sacro si astrae dalla quotidianità e dalla contesa per ritrarsi in un ambito trascendente, laddove si attuano oltrepassamenti continui di campo tra conoscenza e arte nell’intuizione, e questa tenta di raccogliere l’immediato messaggio dell’Essere. E’ una questione di approssimazione alle origini, mai compiuta, sempre infinitamente ravvicinata, per la quale sono insufficienti le facoltà sensibili e viene invece richiesta una visione, ovvero il dissolvimento della coscienza nelle venature dell’Essere, l’unione al tutto della singolarità. Se non vogliamo dare nomi ad entità aliene, astenendoci dall’apporre la lettera maiuscola al mistero nel quale saremo immersi fino ad una rigenerazione umana difficilmente immaginabile, possiamo affermare che questa soglia verso l’ignoto è l’uomo.