I.S.D. / Landscapes

Mostra personale di Pierluigi Pusole

Galleria Riccardo Costantini, Torino | 26/02/2014 - 29/03/2014

Il principio e la fine d’ogni cosa si dispongono come assoluti del nostro pensiero e della realtà. Il nulla o il vuoto da cui immaginiamo emerga il mondo esistente non è una neutra assenza di tutto, ma la potenza e la possibilità di ciò che è divenuto. Esso permane come l’origine perduta, come uno spessore sfumato nell’ignoto entro cui fluttuano le entità tangibili e concrete con le quali intratteniamo rapporti reali.

Non è solo la curiosità a indurre il pensiero a ripercorrere il sentiero dell’origine, a spingerlo a rintracciare l’evento dell’inizio aurorale del cosmo. Non si tratta solo di riempire i luoghi vacanti aperti dalle domande sull’essere, la conoscenza non è l’unica istanza a richiedere la vicinanza ai principi. Prevale invece un aspetto ludico, la pura gioia creativa, il piacere di manipolare sostanze per sprigionarvi configurazioni inedite, combinazioni libere e immaginifiche, che trovano luogo dove la realtà richiede una spiegazione o dove una spiegazione non è mai possibile.

In questo caso, non stiamo parlando di un’origine situata lungo una linea del passato. L’origine è remota nel senso della profondità, è ciò che alimenta la radice del mondo continuando a permeare tutto ciò che è venuto alla luce, a far vibrare nel cuore del reale il mistero della sua nascita. In prossimità dell’assoluto tutto è ancora possibile, ma mai una volta per tutte. Abituati allo spazio e al tempo ordinari, si è smarrita la loro contingenza, vale a dire la loro realizzazione effettuale a partire da una possibilità. Ma più ci si avvicina agli elementi fondamentali, più si avverte la forza delle possibilità, della pluralità delle forme alternative di spazio e tempo che non hanno mai visto la luce, poiché hanno prevalso questo tempo e questo spazio in cui viviamo.

Di contro allo spazio assoluto della superficie bianca, che rappresenta l’intero mondo delle opportunità creative per l’artista, per mano di Pierluigi Pusole si stagliano sul vuoto abbozzi di paesaggio, si distendono campiture omogenee che permettono di orientare e misurare punti cardinali. Ogni conformazione spaziale, però, è solo un embrione di mondo, si ordina in un tassello più o meno solido destinato a liquefarsi e a dare spazio ad altri embrioni primordiali di paesaggio. Vien dato ritmo a una sequenza organica attraverso qualcosa di vivo che tenta di costruire delle forme servendosi delle fibre della propria sostanza, ma senza riuscirvi, poiché ogni forma è attraversata da una nuova escrescenza, travolta nei viluppi di costruzioni precarie e abbozzi architettonici, lungo un margine dove la crescita biologica e il cedimento strutturale inorganico si confondono.

Pur nella loro proliferazione, questi abbozzi spaziali conservano il rapporto con il massimo di luminosità accecante costituita dal foglio. È anzi la stessa ambiguità della luce astratta, priva di punti di riferimento, a possedere in sé la potenza della profondità e del volume. La linea tracciata sul foglio istituisce immediatamente un alto e un basso, un primo piano e uno sfondo, che restano tuttavia sempre ipotetici, poiché le linee e le curve, gli orizzonti, le fughe prospettiche e i piani, sono sempre potenzialmente infiniti e ampi.

Nella superficie destinata alla rappresentazione, Pusole lascia vivere tutta la contraddizione tra la fisicità materiale – il piano del supporto cartaceo – e l’infinità delle distanze illusorie che lo sguardo può tracciare vagando nella bianca luce astratta. Se è sufficiente una sola linea per profilare un’orizzonte, se un solo punto basta a collocare uno sfondo, un solo sguardo fissato nella luce crea l’immagine. Dove lo spazio si genera, in una zona grigia tra la mente e il dato reale percepito, lì si crea anche la sua immagine. In virtù del disegno, lo spazio si materializza, si rapprende passando dallo stadio assoluto e metafisico all’apertura luminosa di un mondo rappresentato. Poche linee convergenti fanno di una porzione bianca di foglio la fonte solare che proietta e scurisce i declivi collinari, le pianure improvvisamente interrotte, le alture che si precipitano sul vuoto, un tessuto terrestre che coincide con la faccia di un solido scaleno destinato a smentire plasticamente la piattezza del foglio.
Con la creazione, il vuoto non esiste più. Pierluigi Pusole manipola gli spazi facendosene artefice e rivelando tutte le contraddizioni e i paradossi della loro costruzione a partire dal nulla.