10/6/2024
L’OCCHIO DEL MUSEO. PAOLO PELLION DI PERSANO A RIVOLI
RIVOLI (TO) | CASTELLO DI RIVOLI | 21 APRILE – 8 SETTEMBRE 2024
Il futuro del Castello di Rivoli deve ancora essere scritto in nuove immagini. La sua storia, invece, si legge attraverso l’obiettivo del fotografo Paolo Pellion di Persano, che dalla fondazione del Museo nel 1984 ne ha attraversato le vicende testimoniandone le attività, realizzando i documenti visivi delle mostre, collaborando in modo stretto e complementare con gli artisti, fino a entrare nel patrimonio museale grazie alla ricca donazione dell’Archivio Pellion, con oltre 44.000 negativi, al CRRI – Centro di Ricerca del Castello di Rivoli. La mostra Paolo Pellion di Persano. La semplice storia di un fotografo, curata da Marcella Beccaria e Andrea Viliani, espone per la prima volta una selezione di scatti per raccontare la vita professionale e creativa del fotografo torinese, il cui obiettivo ha messo a fuoco la vivace carica intellettuale, tra ideali e contraddizioni, della maggiore città industriale negli anni ’60 e ’70, le esperienze degli artisti che ne sono stati protagonisti e la memoria del primo museo in Italia interamente dedicato all’arte contemporanea.
La ripresa per l’Autoritratto alla Galleria Giorgio Persano davanti all’installazione di Michelengelo Pistoletto è piatta e frontale, come in un dipinto cubista che annulla profondità e prospettiva. Pellion scompone il suo riflesso nel gruppo di specchi sovrapposti per offrirci una corretta lettura dell’opera che sta fotografando. Gli specchi sono sia oggetti fisici appoggiati alla parete, sia il luogo in cui si forma l’immagine. Le cornici ornamentali svolgono il classico ruolo di passaggio tra realtà e rappresentazione, ma uno specchio è lasciato con i bordi nudi, mentre altri sono tagliati da intervalli di spazio reale. All’interno dell’inquadratura la figura divisa di Pellion, l’ambiente raddoppiato e l’installazione si assemblano nell’unità frammentata di elementi concreti e immagine illusoria. Questo scatto, attraverso cui l’autore mette in luce il significato dell’opera, è la dimostrazione che nella fotografia è sempre in qualche modo attiva l’interpretazione, anche quando intende rispettare un rigido criterio di obiettività.
La lunga e composita attività di Pellion raccontata dalla mostra si muove tra questi due confini della fotografia: obiettiva e per quanto possibile neutra da una parte; partecipe, creativa e aperta all’interpretazione dall’altra. Gli stessi estremi che delimitano il campo per un’indagine linguistica dell’immagine come segno.
Nella serie delle fotografie di opere d’arte, che tracciano gli oltre trent’anni di collaborazione tra Pellion e il Museo di Rivoli, il fotografo stesso si appella a un principio di obiettività per descrivere in modo fedele il significato che gli artisti hanno consegnato alle proprie opere. Il punto di vista privilegiato è quello frontale, oppure uno scorcio in diagonale di rigore geometrico. Ma anche in questi casi l’apparente neutralità sottintende una nitida comprensione del soggetto, come nell’emblematico scatto Entablature #4 di Roy Lichtestein, in cui frontalità e bidimensionalità accentuano la qualità grafica della pittura Pop in contrasto con la parte inferiore della parete decorata con motivi ornamentali antichi. Negli scatti di lavoro per Giuseppe Penone è lo stesso esponente dell’Arte Povera a chiedere che l’occhio del fotografo si annulli dietro l’obiettivo. Il suo sguardo deve coincidere con quello dell’artista che lo guida, in un gioco di sdoppiamenti che ritroviamo nel riflesso di Pellion sull’iride di Penone in una foto di repertorio della performance Rovesciare i propri occhi, per la quale l’artista indossa delle speciali lenti a contatto specchianti.
Del resto, lo stesso stile di inquadratura era servita anche nelle precedenti documentazioni fotografiche di impegno sociale. La foto del corteo alla Manifestazione del Primo Maggio del 1976, in anni di accesi contrarti politici per il Paese, è una sorta di rievocazione del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, modernizzata dalla sostituzione dei personaggi in primo piano nel quadro divisionista con una triade di automobili FIAT, emblemi del lavoro proletario e dell’industria. I tempi cambiano e Pellion sa cogliere il passaggio dall’idea universale del classicismo pittorico alle ideologie in azione nella storia.
All’estremo opposto, quello della fotografia che partecipa all’azione e al significato, si colloca la lunga collaborazione con il teatro di Carlo Quartucci e Carla Tatò. I due autori crearono, con La zattera di Babele, un incrocio tra opera d’arte totale, neorealismo ed happening. Tutta la cittadina di Genazzano venne coinvolta negli eventi teatrali e nell’idea di una “sintesi drammaturgica delle arti”, con performance di Marina Abramović, Daniel Buren, Herman Nitsch, del gruppo dell’Arte Povera e molti altri del panorama internazionale di allora. Negli scatti di Pellion, esortato a personalizzare la narrazione, il teatro si estese fuori dalla scena, alla vita degli artisti in città, nelle piazze, insieme ai cittadini eccitati e incuriositi dallo spettacolo, alle reazioni e relazioni nel vortice culturale innescato dalla manifestazione.
Tra le personalità presenti a Genazzano figurava anche Rudi Fuchs, il primo direttore del Castello di Rivoli. Grazie alla complicità con gli artisti dell’Arte Povera, testimoniata dalle frequenti collaborazioni e dai numerosi ritratti spontanei, e all’incontro nel teatro di Quartucci, Pellion venne chiamato nel 1984 dal Direttore a documentare la prima grande mostra di apertura del Museo, Ouverture, che si può rivivere oggi negli scatti del fotografo conservati presso il CRRI.
Paolo Pellion di Persano. La semplice storia di un fotografo
a cura di Marcella Beccaria e Andrea Viliani
Un progetto supportato da Strategia Fotografia 2023 e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura
21 aprile – 8 settembre 2024
Castello di Rivoli
Secondo piano, Sala 18
Info: info@castellodirivoli.org
https://www.castellodirivoli.org/
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