19/11/2018

EQUILIBRIUM: LA PAX ITALIANA SUL PLURALISMO DELLA SCULTURA

TORINO | GALLERIA MAZZOLENI | 27 ottobre 2018  19 gennaio 2019

La Galleria Mazzoleni con Equilibrium, un’idea per la scultura italiana, propone una mostra pensata ad un tempo come indagine sulla scultura e come verifica per accertare l’esistenza di un carattere locale dominante, unico e differenziato tra gli stili fondamentali. Gli autori sono tutti italiani, con l’eccezione dei due giapponesi Hidetoshi Nagasawa, stabilitosi in Italia dal 1968, e Shigeru Saito, il cui lavoro è maturato nel contatto con il nostro Paese a partire dall’incontro con Enrico Castellani.

In trasparenza, tra le opere della mostra risalta un principio formale che attraversa le epoche e si annuncia come qualità propria del classicismo nelle arti plastiche e costruttive, pur nella lontananza tra la statuaria antica e le molteplici trasformazioni della scultura contemporanea. Emancipandosi dall’arte egizia, severa nella sua simmetria, il canone greco distribuiva le proporzioni del corpo in un chiasmo che ne equilibrava le parti (alla gamba tesa corrisponde il braccio teso opposto; al braccio rilassato corrisponde il rilassamento della gamba opposta) mobilitandole nello spazio. Lo stesso dinamismo compresso, trattenuto nel bilanciamento tra le forze, tiene insieme le sculture nelle sale della Galleria, trasformate esse stesse, occasionalmente, in involucri per il contenimento dell’espansione ambientale di alcune installazioni.

Le opere si mantengono tutte entro una dimensione unitaria che riabilita la maestria dell’autore, a cui è riconducibile, senza compromessi, la loro genesi. Nel solo caso degli assemblaggi di Vincenzo Agnetti, i più eccentrici rispetto ai caratteri comuni dei lavori esposti, l’incidente e la casualità contaminano il potere dell’artista. Agnetti inciampa e cade mentre trasporta delle risme di carta. Il disordine che ne deriva diventa, tuttavia, un’occasione formale per descrivere la ricomposizione di un nuovo ordine fluttuante sulle possibilità indeterminate sorte dall’istante caotico.

In generale, raccogliendosi nella loro dimensione unitaria, ogni scultura si sottrae alla dispersione e allo sparpagliamento di materiali nello spazio delle cose ordinarie. Esse vibrano, vacillano, ma tengono la forma, si aggrappano al nucleo ordinatore, anche se, nel contempo, mostrano la tentazione opposta verso lo scivolamento incombente, uno slittamento presagito, la perdita dell’equilibrio. La staticità delle composizioni, più che dalla loro consistenza, sembra essere garantita dalla leggerezza, che le rende precarie mentre promette di sostenerle. Così avviene, nella maniera più evidente, con gli assemblaggi di Remo Salvadori, Sergio Limonta, Elisabetta di Maggio e Alice Cattaneo. Nei loro bilanciamenti vige una pace tesa che gioca con la possibilità della caduta evocandola per vezzo, quasi per seduzione fatale. La tenuta, instabile ma pervicace, della forma contrasta e corregge continuamente la sensazione che un filo si possa spezzare, un nodo sciogliere, che una sfera possa scivolare, un vetro scomporsi. Tutto rimane invece sommessamente immobile. Tra le parti risuona lo stesso sottile accordo che modula i disegni nello spazio di Fausto Melotti. Le sculture del Maestro sono filiformi non tanto per rendere trasparente una struttura, quanto perché le dimensioni del filo, dell’asta e della superficie piatta e docilmente piegata alle diverse modulazioni sono la specifica consistenza del pieno messo in rapporto con il vuoto, reso in tal modo palpabile.

Le composizioni di Nagasawa rientrano nel gruppo di opere in cui le forze meccaniche si neutralizzano a vicenda per rimanere latenti nella struttura. Ma le strutture non mostrano solamente la loro forma sorda e la meccanica che le rinsalda, letteralmente in azione nelle morse che stringono insieme le lamine di ferro del San Giovanni. La concretezza della costruzione rinvia al di là di se stessa, al principio che la informa, le forze fisiche, pur non raffigurando alcunché di vivente, si organizzano come unità organica analogamente al chiasmo della statuaria classica. Non passa, dunque, molta differenza tra l’astrazione predominante e le figure metaforiche, che riappaiono senza discordia nelle allegorie arcaico-mitologiche di Giuseppe Maraniello. A fare da cerniera tra assemblaggio e organicismo serve, d’altra parte, l’installazione Raccordo anulare di Luciano Fabro, le cui misure, proporzionate al corpo dell’artista, dimensionano elementi che riadattano il loro assetto ad ogni nuova collocazione nello spazio. Se gli anelli rimangono ancorati al corpo dell’autore, la gravità flette le aste e fa pendere le parti mobili intorno alle giunture. Così come nell’opera del secondo poverista in mostra, Giovanni Anselmo, è ancora la gravità a imporre le sue leggi naturali agli elementi. La Verticale, in questo senso, non si descrive concettualmente come asse di uno spazio cartesiano ideale e astratto. Essa esiste, al contrario, come fenomeno immanente della realtà legato alle forze della fisica naturale, che la livella materializza, senza rappresentarle, nello spazio vuoto e trasparente della lastra in perspex.

La tensione tra realtà e virtualità – ma si potrebbe di nuovo chiamare chiasmo – continua nei lavori di Getulio Alviani, Shigeru Saito e Gianni Caravaggio. Con i Cerchi progressiviAlviani detta agli anelli lucidi e riflettenti, incastrati uno nell’altro, un algoritmo di sviluppo potenzialmente infinito, fisicamente interrotto nei limiti della scultura ma virtualmente continuo. Il cerchio tra realtà e apparenza si chiude invece negli specchi che riflettono e raddoppiano le semicirconferenze creando l’illusione dell’interezza. Le geometrie di Saito si arrestano sullo stesso limite tra materia, modularità e infinito. I punti di intersezione del solido geometrico di Gianni Caravaggio, mentre sembrano fissare le coordinate di uno spazio mentale o di un modello matematico servito per tagliare le sezioni del marmo, precipitano a terra.

Sarà dunque questo inestinguibile bilanciamento degli opposti su diversi piani la cifra dell’italianità annunciata dal sottotitolo della mostra?

Equilibrium. Un’idea per la scultura italiana
a cura di Giorgio Verzotti

Artisti: Vincenzo Agnetti, Getulio Alviani, Giovanni Anselmo, Gianni Caravaggio, Alice Cattaneo, Paolo Cotani, Elisabetta Di Maggio, Luciano Fabro, Sergio Limonta, Filippo Manzini, Giuseppe Maraniello, Fausto Melotti, Hidetoshi Nagasawa, Nunzio, Shigeru Saito, Remo Salvadori, Luca Trevisani.

27 ottobre 2018 – 19 gennaio 2019

Mazzoleni
Piazza Solferino 2, Torino

Info: +39 011 534473
torino@mazzoleniart.com


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