04/2019

DAVIDE BALLIANO. DENTRO UNA SPIRALE TEMPORALE: TRA ARCAISMO E MODERNITA'

ESPOARTE #105. PORTFOLIO ISSUE

Diplomato in Arti Grafiche a Torino e in Fotografia presso il C.F.P. Riccardo Bauer di Milano, Davide Balliano è stato trascinato dal vortice delle sue opere al centro dell’universo artistico. A New York ora vive e lavora, e ha appena inaugurato una mostra personale presso la Tina Kim Gallery (fino al 13 aprile 2019).
La pittura di Balliano produce qualcosa di psichicamente attivo e indefinibile, perché le reazioni che provoca sono contrastanti, un misto di piacere visivo e di vuoto espressivo che turba sottilmente. In essa, arcaismo e modernità si scambiano continuamente il centro in una spirale temporale. Così, le superfici di una pittura graficamente raffinata e stilisticamente minimale evocano allo stesso tempo le decorazioni totemiche venerate con terrore sacro.
Sinuose come serpenti, le spire di Balliano esercitano una seduzione stregata, quella di un fiore del male di bellezza carnivora, di onde sonore sintetizzate nel canto di androidi-sirene. Mentre adescano lo sguardo, ammoniscono sulla vertigine del vuoto tecnico. Si legge in esse il ritmo ossessivo di un mantra per il rito di risveglio spirituale dalla narcosi elettrica. Perché la pittura è totalmente posseduta dal demone umano, e duella con l’esecuzione perfetta delle intelligenze artificiali invocate dalla tecnoscienza. Giocando con la finzione tecnologica, Balliano trasmette sottotraccia il messaggio di un’alienazione da scongiurare, il tabù del dominio dell’automazione anche nell’arte, e lo fa vigilando sui punti critici della pittura, dove essa appare imprecisa e dove i difetti che le sono essenziali definiscono la sua natura. Simili a graffiti mistici, le frequenze ipnotiche campionate sulle tele dialogano, infatti, con la tradizione modernista iscritta nella ricerca di una definizione inequivocabile della pittura, che le teorie d’avanguardia hanno identificato con la bidimensionalità e l’assenza di figurazione narrativa. Balliano attualizza questo paradigma avvicinandolo pericolosamente allo spettro, solo adombrato, di una totale producibilità tecnica dell’arte, perché nulla è più facile per una macchina che verniciare una superficie liscia. Uno spettro che viene però contrastato dalla lucida rappresentazione dagli accidenti casuali, dalle interferenze analogiche sul preciso programma seriale, dai graffi, dalle cancellature incomplete, dalle perturbazioni, dal rumore fotografico che sfuggono a una sinistra perfezione.


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